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LA DIVISIONE EREDITARIA

La contitolarità di uno o più beni può trovare la propria fonte in un atto volontario (come quando due persone, che siano coniugi compagni o amici decidono di comprare insieme un bene) dando luogo al sorgere di una comunione ordinaria, ma molto più frequentemente trova la propria fonte in una successione ereditaria.

Se si pensa al caso dei figli che succedono ai genitori si capisce quanto di frequente sorgono le cosiddette comunioni ereditarie. Queste comunioni hanno una disciplina piuttosto specifica (si pensi per esempio alla cosiddetta prelazione ereditaria) e esigono un sostanziale accordo tra i contitolari dei beni in comune. Proprio per questa ragione è fisiologico addivenire, ad un certo momento, alla cosiddetta divisione a seguito della quale ognuno dei soggetti a cui faceva capo la comunione diviene titolare esclusivo di una quantità di beni o di denaro.

Le variabili sono molteplici, ovviamente: dipende dal numero di beni, dal numero di persone che vi concorrono, dalla omogeneità o meno dei valori che si intendono assegnare.

Il Notaio interviene in questi casi molto spesso solo al termine di un accordo raggiunto, ma potrebbe essere più utile concordare fin dall'inizio il piano di riparto dei beni per assicurarsi di porre in essere l'operazione nel modo corretto anche da un punto di vista fiscale.

La divisione ereditaria, infatti, sconta un trattamento fiscale particolarmente favorevole e anche ove vi siano conguagli è possibile – entro certi limiti – ottenere una tassazione non troppo gravosa.

Può infatti capitare che occorra prevedere dei conguagli: ciò avviene nel caso in cui i valori dei beni da assegnare ai partecipanti alla divisione non siano omogenei e hanno la specifica funzione di assicurare il pieno soddisfacimento economico di tutti i partecipanti alla divisione.

In questo modo si è voluto dare un quadro molto generico per inquadrare la divisione ereditaria, la cui funzione giuridica può a volte combinarsi con l'intento di trovare un accordo che concili una lite che non si vuole far nascere o a cui si vuol porre fine. Si usano in questi casi termini difficili, come divisione transattiva o transazione divisoria, a seconda di quale sia la funzione prevalente del negozio che si pone in essere, ma al di là della difficile definizione dietro a questi contratti c'è semplicemente l'intento di trovare un accordo che separi i destini degli ex comproprietari senza che un domani possano sorgere altre contestazioni, magari anche in merito a azioni in cui si rivendica una quota di eredità negata da un testamento.

Ma cosa succede se nella divisione non si riceve tutto quello che spetta? Occorre fare attentamente i conti, perché in questo caso il codice civile prevede che si possa contestare questo contratto solo ove la "lesione", la differenza tra quanto dovuto e quanto ottenuto, sia superiore al quarto.

Stessa regola vale in una serie di altri modi contrattuali con cui si può decidere di porre fine ad una comunione, sia essa ereditaria oppure no: sono i cosiddetti atti assimilati alla divisione, tra cui occorre considerare ad esempio la semplice vendita di quota con cui uno dei contitolari decide di essere "liquidato" da uno o più altri condividenti per poter ottenere denaro e uscire in tal modo dalla comunione.

La strada verso un accordo può essere alle volte lunga, tant'è vero che si possono ipotizzare anche divisioni parziali (cosiddetto stralcio divisionale) o acconti divisionali in cui si dà una sorta di anticipo della divisione assegnando un bene ad un coerede e rinviando i calcoli "finali" ad un momento successivo.

Come si può vedere la materia è complessa, ma è senza dubbio uno dei luoghi di elezione della competenza notarile.

Potete rivolgervi al nostro Studio prospettando la Vostra situazione e saremo lieti di fornirVi tutti i dettagli delle possibili soluzioni per evitare inutili discussioni familiari o per porre rimedio a quelle eventualmente già iniziate.